Sicilia mia,
I Greci antichi
nel nome tuo
segnaron savi
olivi e fichi.
Io t’amo tanto,
mitica terra
dei miei padri,
calpestata più volte
dai predoni famelici.
Io t’amo tanto
calda e sensuale
madre di uomini
fieri e divini
nel sonno avito.
Sicilia bella,
venni alla luce
tra la Rocca e il mare
nella città ruggeriana
sacra al Salvatore,
maliarda e metèca,
amata e invisa,
nella cui campagna
odorosa e fiorente,
passo l’estate pigra
e interminabile
per fuggire il caldo
tropicale, il caos
infernale, la folla
ebbra e festaiola.
I campi aprichi,
i freschi venticelli,
le piante ombrose
degli ameni colli,
gli astri lontani
nelle notti illuni,
i vaghi pleniluni,
in me leniscon
le ferite della vita
e della società cattiva,
civile solo in vista.
Oh, potess’io
render conto
delle mie parole,
e dei miei atti
soltanto a Dio,
in questo mondo
disumano e folle,
in questo tempo
arido e volgare,
forse sarei felice.
Salvatore Termini