Confesso con schiettezza di non essere affatto fiero della mia terra natia la quale presenta taluni aspetti che sono espressione della più belluina licenza e della barbarie più tribale.
Cefalù è la delizia dei turisti di passaggio, ma presenta tracce impressionanti di carenza amministrativa ed è un inferno per quanti amano la pace, hanno bisogno di silenzio percettibile per il loro lavoro intellettuale e non hanno la fortuna di abitare fra gente civilizzata.
Questa volta voglio richiamare l’attenzione dei miei concittadini sull’uso degli apparecchi radiofonici e televisivi, nonché dei mostruosi fonografi automatici che con termine barbaro diconsi juke-box. In seguito leverò dalle colonne di questo giornale una voce di protesta contro tutto ciò che non fa onore poiché è tempo che si dia corso ad un’opera educativa e moralizzatrice del nostro costume.
Della nostra sonnolente Cefalù sono note le viuzze antiche e recentissime sulle quali si affacciano come nidi i caratteristici balconi ognora animati dalla nostra prolifica gente. Si provi ad immaginare l’infernale bolgia nella quale è costretto a lavorare con la mente chi ha per vicini di casa individui ignoranti delle più elementari norme di convivenza umana e di educazione civica, che esaltano a parole la civiltà elvetica o germanica e si comportano poi come se vivessero in una giungla. Costretti a sentire sino a tardi gli urli lancinanti dei cantanti epilettici o i sospiri lagrimosi di quelli romantici, si è indotti a dubitare della razionalità della legge scritta che pone l’inizio della quiete pubblica intorno alle ore ventidue.
È urgente moralizzare il nostro vivere sociale ed ognuno di noi deve prendere l’iniziativa di richiamare al buon costume quanti non son capaci di autonomia morale e civica e vandalicamente fanno tutto ciò che nuoce agli altri.
L’autorità costituita ha il dovere di salvaguardare la nostra sanità e deve quindi disciplinare l’audizione radio-fono-televisiva al fine di assicurare ai lavoratori del pensiero, agl’infermi, a quanti hanno bisogno di quiete, quel silenzio ambientale che è manifestazione di maturità e di civiltà.
Provveda pertanto chi ne ha la facoltà e l’autorità a moralizzare il volgo perché i concittadini forniti di buon senso attendono che finisca la tortura cui sono sottoposte le loro cellule cerebrali per il licenzioso e disumano uso di quei mezzi che informano, distraggono, dilettano le giovani generazioni, ma tolgono loro la possibilità di maturare lentamente, di formarsi sui libri, di pensare con la propria mente.
Siano indotti gli ineducati ad ascoltare dischi e programmi radiotelevisivi tenendo basso il volume dei loro apparecchi e sia consentito a chi ne ha voglia o necessità di lavorare, pensare e riposare senza la tentazione di ridire della retorica di coloro i quali proclamano Cefalù centro di studi e di antica civiltà.
Non viviamo dunque soltanto di rendita e di luoghi comuni, orgogliosi di un passato di cui forse non siamo degni, ma dimostriamo di essere davvero uomini civilizzati.
Salvatore Termini